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"Storie dimenticate, rimosse: ferite sulla pelle di un Paese con tanti morti ammazzati, qualche capro espiatorio ma nessun colpevole. Ovunque si ascoltava la litania del benessere, un canto di sirena, col termometro infilato sotto al braccio: mentre saliva la febbre della disuguaglianza, dentro antichi retaggi della lotta di classe e rivolte imminenti, fino agli anni di Piombo." Il parco intitolato ad Anna Bracci è una spianata desolata, un rettangolo irregolare dove la polvere sembra voler soffocare i ciuffi d'erba, cresciuti qua e là senza una logica. Due file di panchine, una di fronte all'altra, sorvegliano un'altalena. Tutt'intorno muri butterati dal silenzio e dai graffiti, divorati dal sole: Primavalle. Non c'è persona che abiti qui che non conosca il primo grande caso di cronaca nera del secondo dopoguerra. La storia del "mostro di Primavalle" e di Annarella, la bambina gettata in fondo a un pozzo dopo un tentativo di violenza sessuale. Gli anziani del quartiere ne parlano ancora, abbassando la voce e togliendosi il cappello in segno di rispetto e scuotendo il capo, lentamente, perché dal 1950 ad oggi il caso è ancora sostanzialmente irrisolto, perché dal 1950 ad oggi Annarella non ha ancora conosciuto pace e giustizia, perché Primavalle è un ubriaco dalla sbronza triste, senza denaro in tasca e che non parla. Lei, che abitava al lotto 25, a duecento metri dal parco che porta il suo nome, in quella borgata ai confini della città che oggi è divenuta il quartiere della droga...